TECNICA NUOVA DI ESPANSIONE OSSEA CONTROLLATA : CASO CLINICO MULTIDISCIPLINARE. (PARTE CHIRURGICA ED ORTODONTICA)
FASE PROTESICA
Nelle riabilitazioni implanto-protesiche, la presenza di riassorbimenti ossei orizzontali e/o verticali rappresenta una delle più frequenti limitazioni anatomiche che impedisce il posizionamento degli impianti.
Quando le basi ossee non sono adatte al posizionamento di impianti, possono essere utilizzate tecniche ricostruttive per ripristinare un’anatomia ossea che consenta l’inserimento di impianti di numero e lunghezza tali da permettere una corretta riabilitazione dell’arcata.
In presenza di gravi atrofie orizzontali della cresta, le tecniche attualmente utilizzate per il ripristino di una corretta dimensione vestibolo-orale, sono:
– Tecniche rigenerative (Guided Bone Regeneration);
– Innesti ossei;
– Tecniche espansive;
– Osteodistrazione;
– Osteotomia sagittale della cresta (ERE);
– Estension Crest;
– Tecniche combinate (tecniche rigenerative + tecniche espansive).
La tecnica edentolous ridge expansion (E.R.E.) fu sviluppata nel 1986 e presentata 2 anni più tardi dai Dott. Bruschi e Scipioni. Subendo nel tempo evoluzioni e perfezionamenti è attualmente utilizzata per ristabilire dimensioni oro facciali adeguate di creste alveolari atrofiche durante l’inserzione degli impianti senza l’induzione di membrane e di materiali osteoinduttori o osteoconduttori.
I risultati di uno studio condotto su siti edentuli trattati con la tecnica ERE hanno confermato che nella fessura infraossea creata chirurgicamente si verifica una rigenerazione ossea completa e si ottiene lo stesso grado di osteointegrazione osservato sui vicini siti controllo trattati con la tecnica chirurgica implantare tradizionale. La tecnica utilizza il normale potenziale riparativo dell’osso spugnoso, potenziato da un attento approccio chirurgico con conservazione del periostio, usato in combinazione con le tecniche di guarigione per seconda intenzione. La fessura intraossea è, inizialmente, riempita da un coagulo; quindi con il trascorrere dei giorni (circa 40) inizia la formazione di tessuto osteoide che tende progressivamente (dopo circa 90-120 giorni) a maturare per un incremento della mineralizzazione della matrice e la trasformazione di osteoblasti in osteociti.
I due prerequisiti fondamentali per la rigenerazione ossea dopo split crest sono:
1. una base nutrizionale solida, fornita dallo spessore minimo di 1-1,5 mm dei lembi ossei;
2. un’abbondante irrorazione sanguigna periostale conducente alla neoformazione vasale necessaria per le trabecole neoformate.
Ciò permette di evitare fenestrazioni, deiscenze o necrosi del piatto osseo vestibolare durante le fasi di inserzione e guarigione degli impianti osteointegrati.
La tecnica E.R.E. è indicata in creste a lama di coltello con un’altezza di almeno 10 mm e uno spessore minimo di 4 mm.
Prevede un’incisione crestale per il rilasciamento di un lembo a spessore parziale sia in direzione vestibolare che palatale. Qualora risulti necessario, si eseguono due incisioni di rilascio nei limiti mesiali e distali dell’area chirurgica. Dopo il sollevamento dei lembi si prosegue con un’incisione nell’osso a centro cresta che si approfondisce fino a circa 5-7 mm; si effettuano, poi, due incisioni parallele, transperiostali nella compagine ossea: ne risultano due solchi verticali nel piatto corticale vestibolare. Successivamente uno scalpello è inserito nell’incisione crestale e battuto delicatamente con un martelletto, fino a raggiungere la base della fessura; solo in questo momento dopo aver lavorato come un cuneo, lo scalpello sarà utilizzato come leva per dislocare il piatto buccale in direzione vestibolare.
Il periodo di guarigione degli impianti inseriti con la tecnica ERE è identico al periodo prescritto per le usuali procedure.
Oggi poi si è visto che sembra esserci una maggiore stabilità nel tempo dell’osso rigenerato mediante espansione ossea rispetto a quello ottenuto mediante manovre di rigenerazione ossea guidata (Gbr) che tende a riassorbirsi nel tempo.
Lo svantaggio di tale tecnica ERE è il rischio di frattura del tassello vestibolare durante l’azione dello scalpello, non riuscendo a controllare la forza impressa durante il martellamento dello stesso.
Pertanto non è una tecnica totalmente predicibile.
er ovviare a tale rischio il lembo viene inciso a spessore parziale proprio per garantire un irrorazione della corticale ossea in caso di frattura. Se da un lato il lembo a spessore parziale ci preserva da questo rischio, dall’altro non scollare il periostio non ci permette di associare tecniche di rigenerazione ossea.
Qualche anno fa è stata presentata la tecnica di Estension Crest.
Tale tecnica prevede, dopo aver eseguito il taglio in cresta ed espanso l’osso di 2 mm , l’inserimento di un distrattore dello spessore di 2 mm che viene attivato mediante una vite e porta nell’immediato all’arcata superiore, o in più giorni all’arcata inferiore all’espansione della cresta.
Tale tecnica ha il vantaggio di controllare l’espansione e renderla più predicibile. Un grosso svantaggio invece è lo spessore dello strumento. Avendo oggi a disposizione impianti di 3 mm di diametro ed essendo il loro uso ormai considerato predicibile, una volta espanso l’osso di 2 mm per inserire l’Estension Crest mancherebbe un solo mm ulteriore di espansione per poter mettere l’impianto.
Per tutti questi motivi ho cercato nella mia pratica clinica negli ultimi 4 anni di perfezionare una tecnica di Espansione Ossea Controllata che ci permetta di dare predicibilità alla tecnica di espansione ossea a tal punto da permettere lo scollamento di un lembo a spessore totale e quindi di poter associare tecniche di rigenerazione ossea guidata.
L’utilizzo dello scalpello risulta non predicibile e la forza che esercita oltre che non essere costante può portare ad improvvisa frattura del frammento osseo con conseguente suo dislocamento.
La tecnica di Espansione Ossea Controllata prevede l’utilizzo di espansori manuali a vite. Gli espansori manuali a vite possono essere controllati molto più facilmente dall’operatore, permettono di controllare con un cricchetto la forza di espansione, permettono movimenti minimi di espansione dell’ordine di 0,2 mm ogni giro di vite.
Tali viti dovrebbero avere in sequenza una conicità decrescente. Questo per ridurre le forze espansive sul margine della cresta che in genere è il punto di massima debolezza.
Caso clinico
Il paziente giunto alla mia osservazione presentava un sondaggio mesiale fino all’apice dell’elemento 11 a causa di una frattura radicolare non diagnosticata tempestivamente ed un diastema di circa 3 mm tra i 2 centrali superiori. Era necessaria pertanto l’estrazione di tale elemento e la successiva riabilitazione impiantare dopo 9 mesi dall’estrazione. Nel frattempo era necessario protesizzare provvisoriamente la sella edentula e considerando che il paziente desiderava chiudere lo spazio tra i 2 centrali era necessario anche uno spostamento ortodontico per ottimizzare in senso mesio-distale lo spazio per il futuro sito impiantare e la corona protesica.
Il paziente però rifiutava al tempo stesso la terapia vestibolare multibrackets che avrebbe permesso allo stesso tempo anche il mantenimento del provvisorio.




Fase ortodontica
Si è deciso pertanto di realizzare un’apparecchiatura linguale, mediante l’utilizzo di fili ortodontici bondati con il composito fluido, per eseguire lo spostamento e mantenere il provvisorio. L’elemento 11 è stato estratto, un filo in acciaio 16-16 è stato modellato in maniera che si adattasse passivamente alla superficie linguale degli elementi 12 e 13 ed in maniera tale che avesse delle anse ritentive per il provvisorio. Un filo per retainer passivo intrecciato dello spessore di 0.195 è stato modellato ed applicato sulle superfici linguali degli elementi 21, 22 e 23. Il provvisorio è stato quindi scavato in corrispondenza delle anse ritentive del filo. Dopo aver bondato il filo in acciaio 16-16 sui rispettivi elementi dentari il provvisorio è stato bondato al filo riempiendo i minus scavati in precedenza con il composito fluido e posizionando il provvisorio nelle anse del filo (trovata la posizione precisa del provvisorio si è polimerizzato ). Con una catenella elastica bloccata con delle legature tra gli elementi 21- 22 e 13- 12 si è proceduti a chiudere il diastema. Tale catenella è stata cambiata ogni 3 settimane e lo spazio si è chiuso in 12 settimane.
Una volta chiuso lo spazio è stata rimossa la catenella ed un retainer passivo è stato bondato sulla superficie linguale del provvisorio e dell’elemento 21.
Tale dispositivo linguale è stato mantenuto fino al momento in cui è stato posizionato l’impianto.
Dopo 9 mesi dall’estrazione dell’elemento dentario al momento dell’inserimento dell’impianto è stato rimosso il retainer passivo tra il provvisorio e l’elemento 21 ed il filo 16-16 che manteneva il provvisorio (per poi bondarli nuovamente dopo l’inserimento dell’impianto per mantenere il provvisorio e come contenzione della chiusura spazio fino a quando l’impianto non verrà caricato).







Fase Chirurgica
E’ stato eseguito un taglio intrasulculare a spessore totale con due tagli di rilascio distali a 12 e 21, avendo già stabilito di effettuare tecniche ricostruttive per ripristinare il deficit orizzontale residuato dopo l’estrazione e ripristinare la convessità dei tessuti.





Il sito osseo da distrarre è stato inciso in cresta con un dischetto a lama diamantata (Komet 943 ch.205 080) fatto lavorare a basso numero di giri e sotto abbondante irrigazione di fisiologica. Sono state poi effettuate due incisioni ossee verticali sul versante vestibolare che andavano a ricongiungersi al taglio primario effettuato a centro cresta. In questo modo veniva delimitato un tassello osseo vestibolare che conservava rapporti di continuità con l’osso nella sua porzione apicale e lungo le incisioni verticali. A questo punto, per creare la strada impiantare si può usare tanto una fresa di diametro ridotto, tanto un espansore manuale a punta, come in questo caso, di diametro ridotto .




Nel caso specifico è un espansore Meta avente diametro di 1,4 mm nella porzione più coronale ed avente un diametro di circa 1 mm se inserito per 10 mm di profondità.
In futuro l’ideale sarebbe avere un espansore a vite tagliente in punta. Questo permetterebbe di penetrare nell’osso in modo controllato e di controllare stesso con il cricchetto la direzione di inserimento.

A questo punto per il dislocamento del tassello vestibolare ci siamo avvalsi di espansori conici a vite (Utilizziamo nello specifico i compattatori Ostwill della Meta) che ci permettono una distrazione del tassello estremamente controllata. Tali espansori vengono attivati girando la vite molto lentamente sotto irrigazione di fisiologica finché non si avverte resistenza da parte dell’osso. Si attendono quindi 20-30 secondi e si ricomincia ad avvitare nuovamente: le pause periodiche sono parte intrinseca della procedura chirurgica che si avvale della natura viscoelastica dell’osso. Durante tali pause, infatti, i liquidi che sono tra le trabecole compresse escono dagli spazi intratrabecolari e ciò riduce il rischio di frattura del tavolato vestibolare.
Ogni giro completo di vite corrisponde ad un espansione di circa 0,2 mm. Un chiavino dinamometrico ci permette di controllare la resistenza che incontriamo, di dosare perfettamente la forza, e di stabilire quando diventa necessario attendere qualche minuto per operare il giro successivo.





Il caso clinico qui presentato è stato scelto proprio per la difficoltà tecnica che questo rappresenta, essendo presente la spina nasale che oppone all’espansione una fortissima resistenza e per la possibilità di associare una tecnica di rigenerazione ossea guidata, non possibile con la tradizionale tecnica ERE.
È stato inserito proprio un caso come questo per dimostrare la possibilità che abbiamo di controllo della frattura del frammento cosa che tra l’altro nella nostra pratica clinica con questa tecnica non è mai avvenuta.
Infatti in questo caso a causa della spina nasale che rendeva difficoltosa la distrazione non è stato possibile ottenere una dislocazione perfetta del tassello osseo. In effetti distalmente siamo riusciti ad ottenere l’espansione; mesialmente invece, a causa del maggiore spessore osseo, e soprattutto a causa della spina nasale non è avvenuta un’espansione analoga del tassello. Ciò ha comportato una frattura composta a legno verde filiforme vestibolarmente, al centro del tassello stesso. Con estrema probabilità se non avessimo utilizzato espansori a vite, con relativo controllo dell’espansione, avremmo fratturato irreparabilmente il tassello vestibolare senza possibilità di inserire l’impianto.
La frattura appena evidenziata è stata una incrinatura controllata senza perdita di stabilità del frammento stesso.


Al termine della preparazione del sito, è stato inserito un impianto Straumann 3,3 RN di 10mm di lunghezza con superficie SLActive di ultima generazione, che porta a 3 settimane il tempo per la completa osteointegrazione dell’impianto.



Completato l’inserimento della fixture, per provvedere al ripristino di una bozza vestibolare e per rendere stabile l’esile spessore della cresta, tra l’altro incrinata, vestibolarmente all’impianto si è provveduto a praticare una tecnica di Gbr.
E’ stato raccolto osso particolato mediante un grattino Micross (Meta), prelevato dalla zona apicale del sito impiantare proprio a livello della spina nasale. Tale osso, miscelato al 50% con Bio-oss, è stato applicato sul versante vestibolare del tassello e ricoperto con una membrana in collagene Bio-gide riassorbibile, ancorata al collo dell’impianto e bloccata ulteriormente con ulteriori “cerottini” di membrana nella zona apicale. In questo modo si cerca di evitare tutti i possibili micromovimenti che possono portare al fallimento della GBR.













Dopo aver eseguito un taglio al periostio, per mobilizzare il lembo vestibolare, si è proceduto ad effettuare una sutura a punti staccati in poliestere intrecciato rivestito in ePTFE 4.0 (Tevdek 4.0).







SEGUE FASE PROTESICA

Conclusioni
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Questa tecnica di espansione ha permesso nel corso degli ultimi 4 anni di controllare espansioni difficili anche all’arcata inferiore senza mai portare a frattura del frammento.
Aumentano ovviamente i tempi di attesa per l’espansione tra un giro di vite e l’altro data la maggiore resistenza dell’osso mandibolare.




Il controllo dell’espansione mediante l’utilizzo di viti coniche a diametro decrescente ha permesso di ottenere grosse espansioni all’arcata inferiore anche eseguendo un solo taglio di rilascio.
Ovviamente essendo una tecnica sperimentale ha ancora bisogno di essere sviluppata e testata con studi controllati e risultati a lungo termine.
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Bibliografia
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Per informazioni:
zerodonto@gmail.com